L’emergenza rifiuti a Roma sta assumendo dimensioni sempre più grandi, che coinvolgono un numero sempre più crescente di territori. Dicono che Malagrotta stia chiudendo, ma non ritirano l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) a Monti dell’Ortaccio, individuano in Falcognana la nuova Malagrotta, poi tornano sui loro passi dichiarandola “discarica di servizio”, da utilizzare ubi necesse, spediscono camion colmi di rifiuti in giro per l’Italia che poi vengono bloccati per via della composizione sospetta del materiale trasportato, restano attive discariche ormai sature come l’Inviolata o Roncigliano ed infine rilanciano su Cupinoro (Bracciano), sperando, almeno qua, di riuscire ad aprire la tanto agognata nuova discarica di Roma.
Ed il quadro appena delineato non è che l’ultimo pezzetto di un mosaico molto più complesso nel quale si inseriscono anche inceneritori già attivi, in progetto, o da rifinanziare, impianti altrettanto dannosi come piccole centrali a biogas e biomasse e, per farla breve, parchi di FOS (i.e. monnezza) dove centinaia di alberi dovrebbero nascondere 30 anni di devastazione ed inquinamento.
Queste scelte impiantistiche, così come la gestione emergenziale, non sono dettate da un’assenza di alternativa, ma da un modello di gestione del ciclo dei rifiuti che privilegia l’interesse economico di pochi privati all’interesse collettivo di chi abita un territorio. A garanzia di questo profitto vi è un costo socializzato pagato tanto nell’accettazione di questi progetti irreversibilmente distruttivi, quanto sul piano economico con tasse sui rifiuti via via crescenti. Ed è questo modello ed il metodo autoritario con cui viene imposto, garantito dall’emergenzialità, che crediamo necessario mettere in discussione.
Checché ne dica il Sindaco e il Presidente della Regione, tappezzando Roma e dintorni di manifesti, la partita non è chiusa: stiamo ai rigori.
Se per prima la valle Galeria si è mossa sulla questione dei rifiuti, quello cui assistiamo da qualche anno a questa parte è proprio il crescere delle mobilitazioni e dell’attivazione su questi temi. Le amministrazioni tentano il goal sondando il territorio? Prontamente si può rispondere. Ogni qual volta venga presentato un nuovo progetto, dall’inceneritore alla discarica passando per le centrali a biogas, si incontra l’opposizione attiva di chi vive quel territorio. Un’opposizione sempre più consapevole che è solo creando un fronte comune, muovendosi parallelamente, è possibile creare quel rapporto di forza che è necessario ad un cambiamento radicale del ciclo di gestione dei rifiuti.
Il 21 Settembre a Roma si è svolto un corteo di dodicimila persone che ha ribadito con forza e determinazione quella che crediamo essere l’unica strada percorribile: riduzione, riuso e riciclo.
E non è stata una giornata campale, ma un passaggio di un più vasto processo di costruzione di un movimento di massa che va man mano acquisendo la consapevolezza di poter vincere.
L’inceneritore ospedaliero, le linee TMB, l’AIA di Monti dell’Ortaccio, la bonifica di Malagrotta, il gassificatore ora spento ma in attesa di rifinanziamento diverranno ricordi se e solo se saremo in grado di costruire insieme un percorso di lotta quotidiano ed orizzontale, mobilitandoci accanto a chi, nel resto d’Italia come nel Lazio, combatte la nostra stessa battaglia.
Sabato 26 Ottobre 2013
Giornata di mobilitazione regionale contro l’attuale gestione del ciclo dei rifiuti